- Ma tu bevi per dimenticare?
Sguardo storto. Mi hai presa per un'alcolizzata, razza di imbecille, solo perché ti è capitato di vedermi ubriaca la notte di capodanno? Come se fossi stata l'unica, poi.
- (Silenzio...)
- Forse non avrei dovuto chiedertelo, ma puoi anche non rispondere o mentirmi, se vuoi.
Ci penso un secondo. Mi sembra di vedere la situazione dall'esterno. Sembra così ridicola quella scena. Quella sua aria innocente, da ragazzino, con gli occhi enormi che mi guardano pieni di stupore e di domande che non osa porre. La mia aria da donna vissuta e dannata, con la sigaretta in una mano e un bicchiere di martini quasi vuoto nell'altra. Per un secondo, mi sento così diversa dalla donna perduta che vedo lì di fronte a lui. Quella non sono io. Sento la frana dentro di me. So che sto per crollare, perciò decido di parlare.
- Si. Io bevo, fumo, faccio sesso, mi faccio male per dimenticare.
- E ci riesci?
- A volte, altre un po' meno.
- Ci conosciamo appena, perché mi stai chiedendo aiuto?
Lo guardo infastidita. Ho forse detto che voglio il tuo aiuto? Ho mai detto di avere bisogno di aiuto in assoluto? No.
Ragazzino, quei tuoi occhi verdi e luminosi mi guardano, interrogano, indagano, cose che non sono disposta a farti conoscere. Non ancora, non oggi. Anche se volessi, non potresti mai aiutarmi.
- Non ti chiedo aiuto, rispondo alla domanda che mi hai posto, tutto qui.
- Ma non pensi che ora che io so, cercherò di aiutarti anche se tu non lo vuoi?
Mi guardi con aria di sfida. Sembri fiero di te stesso. Sei convinto di avermi messa alle strette. Come se per te significasse qualcosa riuscire ad aiutarmi.
Scoppio a ridere. Si, ora sono caduta davvero in un film dell'assurdo. Quella è la classica risata amareggiata di un personaggio privo ormai di ogni speranza.
- Tu non puoi aiutarmi. Nessuno può. Solo io posso decidere che voglio cambiare e di salvarmi. Sono come un drogato. Puoi costringermi a seguire la terapia, ma appena ti distrarrai un attimo, e succederà, io tornerò alla mia droga e tu non puoi fare nulla per impedirlo. Questa è una lotta contro me stessa e tu puoi fare il cavalier servente solo se io te lo permetto.
Mando giù tutto d'un fiato il martini rimasto e spengo la sigaretta. Mi alzo, sistemo le pieghe del vestito, prendo la mia giacca e la borsa. So che i tuoi occhioni da cucciolo seguono ogni mia mossa. Fai per alzarti anche tu, ma ci ripensi. Allunghi un braccio verso di me, poi lo abbassi. Blateri qualcosa che non capisco. Ti ho sconfitto. Ho vinto io.
Esco, l'aria è gelida. Cammino in fretta verso casa, mentre le lacrime iniziano a scendere.
No, forse abbiamo semplicemente perso entrambi...
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