giovedì 28 ottobre 2010

Di amici, feste e sesso estremo

Nell'ultimo periodo ho iniziato ad adottare la tattica del non pensare. Non troppo, quanto meno. Mi distraggo e, se proprio devo, mi concentro su un singolo problema alla volta, lo affronto, lo risolvo e vado oltre. Dopotutto, seppellirsi sotto un mare di pensieri è inutile e controproducente e oltre a far impazzire me, stava facendo impazzire pure Lui, che non sapeva più che pesci pigliare.
Ora, in linea teorica questo discorso fila che è una meraviglia... Ma provate a metterlo in pratica! Se vi dico di non pensare a un elefante, cos'è che vi viene in mente? Alzi la mano chi non ha subito immaginato un elefante grande e grosso; talmente grande e talmente grosso da consumarvi tutti i neuroni a disposizione. Per ovviare a questo problema Lui ha deciso che la faccenda non andava discussa e analizzata, ma che si trattava semplicemente di cercare un pensiero sostitutivo.
E' così che siamo giunti alla situazione attuale, in cui la mia giornata prevede:
  • Sveglia all'alba, colazione al volo, vestirsi in fretta e scendere perché mi attende sotto casa per accompagnarmi in stazione.
  • Una quantità interminabile di ore di lezione, seguite da altrettante ore di studio, seguite da passeggiate in città con lui, aperitivi con gli amici, feste universitarie e non, after-hour, alcol, sigarette e, quando la stanchezza ti costringerebbe a dormire anche in mezzo alla strada, finalmente, qualche ora di sonno.
  • Le pause sono, dal suo punto di vista, deleterie, per cui ogni minuti libero della giornata viene riempito da abbondanti dosi di sesso sportivo nei luoghi più improbabili.
Non ho più l'età per queste cose, sono provata, ma ammetto che funziona. Quando ho un attimo di tempo libero rifletto sulle cose, ma con più calma, senza angoscia. Ho sistemato i vari casini con l'università, abbiamo affrontato i nostri problemi di coppia e, un po' alla volta, tutto si sistema... E anche se non si sistemasse, c'è sempre tutto quel sesso creativo che risolleva il morale!

giovedì 7 ottobre 2010

Vuoto

Seduta sul fango, coi piedi sospesi nel vuoto guardo giù con aria annoiata. Mi capita spesso, di recente, di sedermi lì e chiedermi se sarei capace di chiudere gli occhi, aprire le braccia e saltare. Minuti, ore, giornate... Non me ne rendo nemmeno conto, resto semplicemente seduta, incapace di agire, incapace di farla finita e nel contempo incapace di riprendere in mano la mia vita. Mi manca la voglia di vivere, ma anche di morire.
Torno a casa e fisso lo schermo del computer fingendo di studiare. Mi do alla scrittura creativa e inizio centinaia di racconti che non riesco mai a concludere. Assisto alle lezioni in facoltà, ma vengo sopraffatta dal panico appena incontro qualche conoscente in giro per i corridoi. Ho la sensazione che il tempo corra contro di me, che la vita mi sfugga di mano senza che riesca a godermela, a trarne qualcosa.
Ma poi...

- Perché sei qui? - E' una domanda a cui non so rispondere, perciò resto immobile senza dire niente. - Sapevo che non stavi andando in facoltà e che mi stavi mentendo, ma non riuscivo a capire perché, perciò ti ho seguita. Lo so, non avrei dovuto, ma volevo solo capire.

Vorrei parlare, dire tante cose, ma le parole non vogliono uscire. Mi stringe forte la mano.

- Piccola, torniamo a casa. - E quelle parole hanno un suono così dolce.
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