mercoledì 29 dicembre 2010

Regali

Sul mi vecchio blog ho trovato il seguente post, datato 1 gennaio 2010:

La mia propensione a iniziare un nuovo anno ieri tendeva a meno infinito. Non avevo voglia di uscire dal letto, nel tardo pomeriggio, farmi la doccia, indossare il vestito nuovo,mettere i tacchi, truccarmi, sistemarmi i capelli, uscire al gelo, andare a casa di Stefano, bere e sorridere, augurare buon anno a tutti. Però l’ho fatto.
E me la sono anche cavata bene.
Poi… Non lo so… E’ stato un attimo, un flash.
C’era Stefano, in un angolo, che baciava Monica, e Federico e Nicola che ridevano insieme vicino al tavolo… E… Dolore ancora adesso a pensarci.
Non riuscivo a respirare, mi mancava l’aria. Sono corsa fuori, cercando di non farmi notare, ma era pieno di gente ovunque e io avevo bisogno di stare sola. Così sono entrata in una stanza e sono rimasta lì, al buio, cercando di farmi arrivare l’aria ai polmoni, mentre le immagini del capodanno scorso mi tornavano in mente, mentre la mia testa si riempiva di pensieri che l’anno scorso erano così dolci e che adesso mi facevano solo male.
Non ho idea di quanto tempo sono rimasta lì, seduta sul letto, con la testa tra le ginocchia. A un certo punto è entrato Stefano… Non credo di avergli mai voluto così tanto bene come in quel momento. Aveva un che di rassicurante la sua presenza familiare, adesso che mi sembra tutto troppo instabile e troppo lontano da me.
Dopo un po’ mi sono calmata, mi sono stampata un bel sorriso finto in faccia e sono tornata dagli altri.
Bevevo. Tutto ciò che mi capitava a tiro. Avevo bisogno di dimenticare.
Il problema è che ci sono riuscita e ho dimenticato un po’ troppo: a un certo punto non ho visto più nulla. Pare sia svenuta e abbia battuto la testa. Boh. Non mi ricordo nulla.
Poi mi ha scritto L… Faceva l’afterhour a casa sua e mi chiedeva di raggiungerlo. Felicissima di accontentarlo.
Il resto della serata è stato… Un nuovo inizio.


Quest'anno sarà tutto diverso, anche se le persone saranno le stesse.
No, non è vero, non sono le stesse: sono profondamente cambiate. Sono cambiata anch'io, è cambiato anche Lui. Mi sembra incredibile di essere riuscita a superare quel periodo, di aver capito quello di cui avevo bisogno per essere quanto meno serena, se non proprio felice. Con quel primo bacio è cambiato tutto.
Il regalo di Natale più bello che abbia mai ricevuto.

sabato 25 dicembre 2010

giovedì 16 dicembre 2010

Ohibò!

Dal mio diario di terza media.

26 aprile 2003
Candidati come possibili futuri mariti:

  • L.
  • ...
Ho riso per mezz'ora quando l'ho trovato per caso, stanotte, in piena crisi d'insonnia. Mi diverte l'idea di averlo puntato così tanto tempo fa, come se fosse tutto frutto di un mio piano diabolico e ben studiato (invece no, è stata solo una botta di culo!)

mercoledì 8 dicembre 2010

Sorpresa!

Mi ha tormentata per tutta la giornata con sms degni dei peggiori racconti erotici che potete trovare sul web. Ha stuzzicato la mia fantasia e solleticato il mio desiderio a tal punto che da almeno un paio d'ore il pensiero corre insistentemente al vibratore nascosto nella borsa mentre con uno sforzo sovrumano cerco di concentrarmi su quello che dice la prozia seduta dall'altra parte del tavolo.
Il cellulare vibra per l'ennesima volta; lo apro con discrezione sotto il tavolo, cercando di non farmi vedere da mia madre che mi ha già richiamata perché non ascoltavo quello che diceva la cugina di terzo grado seduta alla mia sinistra. Questa volta il messaggio, molto conciso, non è una descrizione accurata di scene sessuali, ma recita semplicemente: Passo a prenderti alle 23.30 sotto casa tua. Preparati!
Per fortuna la cena coi parenti sta giungendo a termine - con gran sollievo da parte di tutti -, per cui avrò persino il tempo di prepararmi per Lui. Mi tuffo sotto la doccia, immaginando nuove situazioni perverse e chiedendomi cosa succederà a breve. Sono impaziente e voglio vendicarmi, stuzzicandolo, ma senza concedermi.
Indosso calze autoreggenti e lingerie provocante, coperta unicamente dal cappotto, che lascia comunque intuire l'orlo in pizzo delle calze da sotto il bordo.
Sento suonare un clacson, mi sporgo dalla finestra e vedo la sua macchina ferma sotto casa mia. Scendo velocemente cercando di non ammazzarmi sui tacchi a spillo, unico accessorio che mi sono concessa. Apro la portiera e con fare seducente introduco una gamba nella macchina. Il cappotto si apre, svelando un pezzo di gamba nuda sotto la calza. Lo chiudo lentamente, per lasciargli il tempo di degustare quella visione, ed entro in macchina.
Mi siedo e... Impallidisco. In quello stesso istante il mio cellulare mi avverte con prepotenza dell'arrivo di un nuovo messaggio. Sullo schermo si legge: Amore, mi dispiace tanto, ma non riesco a venire a prenderti. Mando mio fratello, ok?

Adesso, per favore, tutti in coro insieme a me...

E VAAAAAAAA'...
E VAAAAAAAA'...

lunedì 29 novembre 2010

A pezzi

Non provo più nulla per te, ma è più facile continuare a stare insieme che lasciarti... Sai, si è creata una certa abitudine, poi abbiamo troppi amici in comune, progetti... Sarebbe un casino se ti lasciassi.

Sono distrutta. Qualcuno raccolga i brandellini di cuore sparsi qua e là. Non riesco a respirare. Non riesco a pensare. Non riesco a fare niente se non riascoltare quelle parole mille volte nella mia testa. Forse sarebbe stato meno peggio se mi avesse lasciata... Non lo so.

P.S. Giusto perché le sfighe non vengono mai da sole, mi hanno rubato il portafoglio in facoltà, con dentro gli unici soldi che avevo, che per una volta non erano proprio pochi.

sabato 27 novembre 2010

martedì 23 novembre 2010

Nei peggiori bar di Caracas

Lo ammetto: essere ordinata non rientra esattamente tra le mie migliori qualità. Camera mia, infatti, ha tutta l'aria di essere reduce da un terremoto o da un saccheggio, potrebbe persino sembrarvi vittima di un disastro aereo.
Il letto, la scrivania, il pavimento, le finestre, ogni angolo della stanza è invaso da quintali di vestiti, che si ammassano indistintamente uno sopra l'altro. Sul comodino, riviste, libri, bambole Voodoo, bambole gonfiabili e palline antistress non lasciano nemmeno intravedere la struttura - presumibilmente in legno - del mobiletto. Nell'Angolo del Mistero, dove custodisco gelosamente tutti i miei più loschi segreti, nascosti sotto a decine di giacche indossate non più di un paio di volte ciascuna, si trovano oggetti curiosi, bizzarri e a tratti addirittura inquietanti, soprattutto se presi nel loro insieme.
Da sempre, quello è il mio santuario, e nessuno al di fuori di me osa mai mettervi piede - a parte il cane, mentre non ci sono. A scadenze regolari, mia madre mi minaccia con frasi come "Sistema subito quel disastro oppure lo farò io!" oppure "Ho già pronta l'aspirapolvere e il sacchetto dell'immondizia, hai mezz'ora per mettere in ordine, altrimenti entro!", ecc, ecc. E io, naturalmente, da brava figliola, corro (coi miei tempi) a mettere a posto la stanza, nascondendo il disordine in armadi e cassetti, conscia del fatto che non durerà per più di un paio d'ore.

I problemi, però, iniziano quando mia madre, costretta a rimanere a casa per giorni e giorni per un periodo di ferie forzato, non sa bene come passare il tempo.
All'inizio, si diede a tutti gli hobby di questo mondo: ricami, lavoro a maglia, bangee jumping, decoupage, pittura e via dicendo. Poi passò alle cose utili e necessarie, quelle che non si fanno mai, per pigrizia, come mettere a posto la cantina, ridipingere il tetto, mettere l'impianto wi-fi nel garage o imparare a cucinare. E così aveva pressoché esaurito tutti i modi utili - e un po' meno utili - per passare il tempo e non rimaneva che una singola cosa da sistemare in tutta la casa: la mia stanza.
Una mattina, mentre mi recavo a lezione, decise di tentare il colpaccio. Armata di detersivi fino ai denti, afferra la maniglia. La porta cigola, trema. Nel buio, si avvertono strane presenze e l'aria ha un che di macabro. Ma lei non demorde. Un piede è dentro, ancora uno e l'avrà fatto, sarà penetrata nel mio sancta sanctorum. No! Non può farlo. E invece sì...
Dopo un'ora di lavoro si riesce quasi ad intravedere il pavimento e si intuisce persino che quell'ombra vicino alla finestra possa essere un letto. Procede lenta e instancabilmente finché la stanza non risplende e non ha rimesso a posto fino all'ultimo indumento.
Eppure c'è ancora qualcosa che non va: l'Angolo del Mistero, ancora intatto. Indossa mascherina e guanti e inizia la sua scavazione. Lungo il percorso, sotto a tutte quelle giacche, spuntano coltelli, forchette e zucchine, animaletti pelosi, fotografie di uomini nudi... E infine, in fondo in fondo, un baby-doll nero in tessuto semi-trasparente, che emana un forte odore di fumo, un pacchetto di sigari e un accendino.

E io lo so, lo so... Che nella sua mente è subito comparsa un'immagine di me seminuda sopra un tavolo, col sigaro in mano, circondata da una folla di uomini affamati... Nei peggiori bar di Caracas!

giovedì 28 ottobre 2010

Di amici, feste e sesso estremo

Nell'ultimo periodo ho iniziato ad adottare la tattica del non pensare. Non troppo, quanto meno. Mi distraggo e, se proprio devo, mi concentro su un singolo problema alla volta, lo affronto, lo risolvo e vado oltre. Dopotutto, seppellirsi sotto un mare di pensieri è inutile e controproducente e oltre a far impazzire me, stava facendo impazzire pure Lui, che non sapeva più che pesci pigliare.
Ora, in linea teorica questo discorso fila che è una meraviglia... Ma provate a metterlo in pratica! Se vi dico di non pensare a un elefante, cos'è che vi viene in mente? Alzi la mano chi non ha subito immaginato un elefante grande e grosso; talmente grande e talmente grosso da consumarvi tutti i neuroni a disposizione. Per ovviare a questo problema Lui ha deciso che la faccenda non andava discussa e analizzata, ma che si trattava semplicemente di cercare un pensiero sostitutivo.
E' così che siamo giunti alla situazione attuale, in cui la mia giornata prevede:
  • Sveglia all'alba, colazione al volo, vestirsi in fretta e scendere perché mi attende sotto casa per accompagnarmi in stazione.
  • Una quantità interminabile di ore di lezione, seguite da altrettante ore di studio, seguite da passeggiate in città con lui, aperitivi con gli amici, feste universitarie e non, after-hour, alcol, sigarette e, quando la stanchezza ti costringerebbe a dormire anche in mezzo alla strada, finalmente, qualche ora di sonno.
  • Le pause sono, dal suo punto di vista, deleterie, per cui ogni minuti libero della giornata viene riempito da abbondanti dosi di sesso sportivo nei luoghi più improbabili.
Non ho più l'età per queste cose, sono provata, ma ammetto che funziona. Quando ho un attimo di tempo libero rifletto sulle cose, ma con più calma, senza angoscia. Ho sistemato i vari casini con l'università, abbiamo affrontato i nostri problemi di coppia e, un po' alla volta, tutto si sistema... E anche se non si sistemasse, c'è sempre tutto quel sesso creativo che risolleva il morale!

giovedì 7 ottobre 2010

Vuoto

Seduta sul fango, coi piedi sospesi nel vuoto guardo giù con aria annoiata. Mi capita spesso, di recente, di sedermi lì e chiedermi se sarei capace di chiudere gli occhi, aprire le braccia e saltare. Minuti, ore, giornate... Non me ne rendo nemmeno conto, resto semplicemente seduta, incapace di agire, incapace di farla finita e nel contempo incapace di riprendere in mano la mia vita. Mi manca la voglia di vivere, ma anche di morire.
Torno a casa e fisso lo schermo del computer fingendo di studiare. Mi do alla scrittura creativa e inizio centinaia di racconti che non riesco mai a concludere. Assisto alle lezioni in facoltà, ma vengo sopraffatta dal panico appena incontro qualche conoscente in giro per i corridoi. Ho la sensazione che il tempo corra contro di me, che la vita mi sfugga di mano senza che riesca a godermela, a trarne qualcosa.
Ma poi...

- Perché sei qui? - E' una domanda a cui non so rispondere, perciò resto immobile senza dire niente. - Sapevo che non stavi andando in facoltà e che mi stavi mentendo, ma non riuscivo a capire perché, perciò ti ho seguita. Lo so, non avrei dovuto, ma volevo solo capire.

Vorrei parlare, dire tante cose, ma le parole non vogliono uscire. Mi stringe forte la mano.

- Piccola, torniamo a casa. - E quelle parole hanno un suono così dolce.

giovedì 9 settembre 2010

Romanticismo

Loro pretendono di essere la coppia perfetta. Stanno insieme da un mese e mezzo e vedendoli le opzioni sono solo due: o li invidi profondamente o ti viene la nausea e tra conati di vomito ti chiedi come sia possibile che non si siano ancora sparati a vicenda. Lui sembra uscito da un film, di quelli melensi in cui tutti sanno già dall'inizio che alla fine lui e lei rimarranno insieme, è una fonte inesauribile di fiori, regalini e romanticissime frasi ad affetto; lei invece sembra la classica ragazzina che guarda i suddetti film e sbava, per cui non fa altro che professare di amarlo tra sospiri.
Onestamente, non invidio il loro rapporto, il loro è un genere di romanticismo che a me personalmente non piace, perché mi sembra eccessivo a tal punto da finire per far diventare tutto fittizio, ma dato che lei è la mia migliore amica, se si trova bene, sono davvero felice per lei.
Ora, qualcuno mi spieghi per quale motivo costoro si siano messi in testa di salvare me ed L.! Nella loro testolina piena di teneri cuoricini non è contemplata l'ipotesi che forse noi due ci troviamo bene così e che è per questo che stiamo insieme da molto più tempo di loro due. Siamo continuamente sotto assedio: lei si presenta nel posto di lavoro di L. dicendogli che dovrebbe prestarmi maggiori attenzioni, che dovrebbe trattarmi meglio e sottoponendolo ad imbarazzanti interrogatori su quante volte mi porti al cinema o a cena fuori, il tutto davanti ai suoi clienti; mentre io vengo perseguitata da sms che mi dicono che è mio diritto pretendere che il mio ragazzo si occupi di me, che dovrei farmi trattare meglio, che mi merito di più.
Ma che me ne faccio io di frasi da bacio perugina? Non ho bisogno di sentirmi dire che sono bella come il sole, come la luna, come la prima stella della notte o un astro qualsiasi, tanto vanno tutti bene per le metafore; preferisco mille volte quel suo semplice "Mi manchi" quando meno me lo aspetto. Non me ne faccio nulla di centinaia di fiori, che appassiscono nel giro di due giorni; quel pony rosa, che può sembrare un regalo così inutile e insignificante, per noi due significava molto di più e ogni volta che lo guardo avverto una stretta al cuore.
Non voglio che Lui cambi, perché, per quanto mi riguarda, è perfetto così com'è.

mercoledì 8 settembre 2010

Le idee della suocera

- Mia madre si è convinta che io ti stia usando, perché mi ha chiesto se ho intenzione di sposarti e io le ho risposto che, almeno per ora, l'idea non mi passa neanche per l'anticamera del cervello.

- Non ti offendere, tesoro, ma tua madre è un po' estremista...

- Ma no, è solo che è una donna all'antica: secondo lei bisognerebbe trovarsi una ragazza, sposarla, fare dei figli - cinque dovrebbe essere il numero giusto - e poi divorziare e chiedere gli alimenti, come ogni famiglia normale, no?

giovedì 2 settembre 2010

Tadàààà!

Prima o poi tutti i nodi vengono al pettine e quei problemi che aleggiavano sulla mia testa come fantasmi dai contorni sfuocati, tutto a un tratto prendono forma. Mi sembra quasi di sentirli urlare un simpatico Tadààààà, mentre si godono lo spettacolo della mia faccia che si deforma in una smorfia grottesca.
Sono nei guai e non so cosa fare. Mi hanno tolto la borsa di studio per l'università, ma era un'eventualità a cui mi ero preparata psicologicamente ed economicamente... Ciò che non avevo previsto era che mi facessero pagare anche le rate dell'anno scorso.
Come faccio? Cosa devo fare? Sono veramente spaventata. I miei genitori già non avrebbero retto il colpo della borsa di studio, per cui mi ero arrangiata per procurarmi i soldi con lavoretti qua e là, ma io non ce la faccio a pagare anche le rate dell'anno scorso, per cui dovrò dirglielo.
Lui mi ha proposto un prestito "Per me non è un problema, io ho un lavoro e quei soldi sono l'equivalente del mio regalo di Natale. Te li presto, tu lavori durante l'anno e me li restituisci un po' alla volta". Ma non posso accettare!
D'altra parte, sono preoccupata anche per Lui. Sono uscita con suo fratello, l'altra sera, e mi ha confessato di essere preoccupato, perché L. non ha più fatto esami nell'ultimo periodo e non ce la fa a stare dietro a tutto. Poveretto, lo capisco: la mattina studia e frequenta le lezioni, il pomeriggio lavora fino a tarda sera, dopodiché, non so con quali energie, trova sempre modo di passarmi a trovare e restare con me almeno un paio d'ore... A volte mi chiedo quando dorma, di preciso.
Comunque gli ho parlato, dopo la chiacchierata con suo fratello, e abbiamo cercato di rivedere i nostri orari, per cercare qualcosa che andasse meglio ad entrambi.

Niente panico, sono certa che ce la faremo!

giovedì 26 agosto 2010

Cadere

Non so neanche da dove cominciare...
Da quando sono tornata a casa la vita mi sembra troppo ferma, vuota, inutile.
Passo le mie giornate facendo cose che non mi soddisfano, cercando di trovare la voglia e le energie di un tempo, ma non ci riesco. Mi rendo conto di star sprecando un sacco di occasioni eppure resto sempre ferma, in contemplazione, in attesa di qualcosa che non arriva.
A volte mi sembra di precipitare nel baratro; sento come mi crolla tutto addosso, un'altra volta. Sono disperata. Ho smarrito me stessa... Di nuovo. E mi sento un verme perché Lui si aggrappa a me per non lasciarmi andare. Capisce che sto cadendo e che gli sto sfuggendo di mano, ma anziché allontanarsi, cerca ancora disperatamente di riprendermi, di farmi stare bene, e finisce per cadere con me.
Ci è già passato, quando eravamo soltanto amici, Lui era la mia unica fonte di certezza, quello che mi teneva in vita; ma poi l'avevamo superato, insieme (gran parte merito suo, devo ammettere).
Mi sento irriconoscente, perché Lui è la cosa più bella che ho e lo sto trascinando in mezzo ai miei guai, che non esistono nemmeno, è tutto solo nella mia testa.
Ho cercato di avvertirlo, di allontanarlo, ma ogni mia parola non fa altro che aumentare la sua determinazione a non mollare la presa. Devo stare bene, ma per Lui: non posso lasciarlo toccare il fondo insieme a me.

lunedì 9 agosto 2010

Colpevole

Siamo seduti sul divano, abbracciati; lui mi accarezza i capelli, mi bacia la fronte, le guance, gli occhi. Si avvicina alle mie labbra senza osare sfiorarle. Apro gli occhi e trattengo il respiro, lui si avvicina ancora, accarezzandomi piano le labbra con le sue. Le apre appena e io socchiudo gli occhi, in attesa. Esita un'istante di troppo e la poca coscienza rimasta mi costringe ad allontanarmi.
Per un attimo torno in me e penso a una via di fuga, ma il mio futile tentativo è bloccato dalla sua mano sul collo che mi sposta i capelli, mentre con la punta della lingua mi solletica l'orecchio. Piego la testa di lato, ansimando. Lui continua a scendere tracciando una scia di baci sulla mia gola.
Un gemito mi sfugge dalle labbra e capisco di essere perduta.



Un'ora più tardi sono al telefono con L.

- Mi sembri strana - dice - è successo qualcosa?

Sono incerta su cosa rispondere: confessare e rischiare di perderlo, in nome della sincerità, oppure tacere, facendo finta di nulla.

- Allora? - insiste lui.

Prendo fiato e... Gli dico tutto. Dall'altro lato del telefono, mi risponde solo il silenzio più agghiacciante, seguito dal suono familiare di qualsiasi linea occupata.

giovedì 29 luglio 2010

Relax... Magari!

Uff! Vediamo, prima di partire dall'Italia per le tanto annunciate vacanze in visita ai parenti il mio pensiero era "Ho bisogno di staccare la spina. Devo rilassarmi o sclero". Beeeeene! Ora rimpiango quei giorni. Ah, quello sì che era vero relax! Niente a che vedere con le corse allucinanti che devo fare qui per tenere i miei cugini - piccoli, urlanti e pieni di pupù -, vedere centinaia di amici, parenti e gentaglia di cui in realtà non avvertivo minimamente la mancanza, praticare ogni genere di attività e sport che i miei parenti ritengono divertente, andare a feste a cui "non puoi assolutamente mancare" (quando in realtà avrei preferito di gran lunga dormire, cosa non contemplata durante queste ferie) e, ultimo ma non meno importante, ballare il waka-waka.
Sono talmente stanca che credo che crollerò sulla tastiera da un momento all'altro, ma ho paura che se inizio a dormire potrei non smettere mai più, perdendomi così l'asperitivo notturno e l'istruttiva gita al casinò.
Il lato positivo è che non mi sto rilassando, ma ho imparato a cambiare i pannolini, a far fermare un taxi in modo sexy (stile Carry Bradshaw di Sex and the City) e, soprattutto, ho capito che gli ormoni in subbuglio e un fidanzato dall'altro lato dell'oceano sono una pessima combinazione.

lunedì 19 luglio 2010

(S)fiducia

Bene, ho abbandonato il suolo italiano per fare ritorno alla mia madre patria da ben quattro giorni.
Non ho molto tempo a disposizione per pensare, tra i vari parenti che pretendono la mia attenzione costante... E per fortuna, direi, perché durante i pochi momenti liberi che riesco a racimolare qua e là la mia mente diventa una macchina di tortura altamente sofisticata che produce una serie illimitata di immagini racapriccianti, quali L. che abbraccia/bacia/scopa tutto ciò che si muove e che può sembrare vagamente somigliante a una donna.
Non sono mai stata particolarmente gelosa, anzi, quasi per niente, ma l'idea di stare via per più di un mese mi tormenta. Sto impazzendo. Il suo livello di resistenza alla tentazione è piuttosto scarso. Non è riuscito a resistere a due - e dico due - settimane in Giappone. Come faremo a sopravvivere a più di un mese?
Il fatto è che ai tempi del Giappone la nostra relazione era ancora agli inizi e, perciò, non avevo neanche dato troppo peso al fatto che non mi fosse rimasto fedele (anche perché nemmeno io ero stata proprio un esempio). Ma adesso invece mi importerebbe. Adesso è diverso. Adesso io lo amo e un tradimento mi ferirebbe, non so se sarei in grado di perdonarlo.

Come faccio a fidarmi?

lunedì 12 luglio 2010

Home sweet home

Non ricordo nemmeno più quanti anni siano trascorsi: cinque, o forse sei. Non ha più importanza.
E' cambiato tutto in questo lasso di tempo; lo zio, quello giovane e stra-figo, si è sposato e ora anziché con la moto va in giro col passeggino; la zia, quella con la ventiquattrore, il cellulare che squilla in continuazione e un'agenda sempre piena, è rimasta disoccupata e, in compenso, ha rimediato anche lei una figlia; il nonno non è più l'uomo sempre attivo che ricordo io, ma un vecchietto, tutto pelle e ossa, in un letto d'ospedale.
Non mi sento pronta per tutte queste cose. Non mi sento pronta per fare ritorno alle origini. Ogni volta che ritorno mi angoscia rendermi conto di quante cose siano cambiate. Mi secca rendermi conto di come il tempo passi in fretta, ma, soprattutto, mi ferisce realizzare che la vita va avanti benissimo anche senza di me e che nulla è rimasto fermo da quando me ne sono andata, nonostante tutte le lacrime versate dai parenti in aeroporto.
Sono anni che evito questo viaggio, perché tornare a casa significa tornare a una vita che in qualche modo mi appartiene, che sento come davvero mia e che è sempre in grado di darmi soddisfazioni e un sacco di ricordi felici... E dovermene separare di nuovo è un trauma ogni volta.
Non sono pronta, non me la sento, ma ai piedi del mio letto la valigia ormai è quasi pronta e il biglietto aereo sopra il comodino mi fa capire che è tutto vero e che non posso più tornare indietro.
Ce la posso fare: mercoledì parto e, dopo tutti questi anni, finalmente si torna a casa.

venerdì 9 luglio 2010

E bravo!

Non è una festa qualunque, questa è La Festa. Capodanno escluso, questo è l'evento dell'anno.
Faccio la mia comparsa in grande stile, accompagnata da Junior, L. e la mia migliore amica.
Dopo 10 minuti siamo già nel vivo della festa. Saltello di qua e di là, abbracciando conoscenti vari e anche qualche sconosciuto; mi siedo per terra in mezzo a un gruppo di hippie-intellettuali-alternativi (quelli con i rasta, la canna in mano, l'aria filosofica e la maglietta di Bob Marley); ballo senza sosta con gente che passa di lì per caso e che non credo di aver mai visto prima in vita mia.
In mezzo a quel caos il tempo passa velocemente e prima di rendermene conto, vengo raggiunta da L. che mi chiede di andare. Ha incontrato dei suoi vecchi amici e hanno intenzione di trasferirsi in un pub vicino a casa per l'afterhour.
Sono confusa, mi gira la testa e non realizzo molto bene quello che sta succedendo mentre lo seguo nel parcheggio. Improvvisamente non siamo più in 4, ma siamo diventati una quindicina. Monto in macchina vicino a L., mentre nei sedili dietro di noi ci sono la mia migliore amica e un perfetto sconosciuto; altre due macchine ci seguono poco distanti.


Siamo quasi arrivati. I due dietro di noi parlano ininterrottamente, io sonnecchio contro il finestrino e L. canticchia tutto contento la canzone che trasmettono alla radio. A un certo punto, inchioda improvvisamente e in meno di un nanosecondo gira la macchina, accostandola al marciapiedi. Mi sveglio di soprassalto, spaventata a morte, sicura di stare per lasciarci le penne in un frontale. Spalanco gli occhi, ma davanti a noi non c'è proprio nulla.

- MIO FRATELLO!!!!!

Eh? Chi? Cosa? Sono ancora intorpidita e non riesco a collegare bene gli eventi. Quale fratello? In che senso?

- Ho dimenticato mio fratello alla festa!

Oh mamma, ma come si fa a dimenticare il proprio fratello? Diciamo agli altri di andare pure avanti e che li raggiungeremo tra poco, dopo aver recuperato Junior.
Nel giro di pochi minuti siamo di nuovo lì. La maggior parte della gente è già andata via e quindi ci risulta facile individuarlo in mezzo alla pista. Vicino a lui ci sono due ragazze che ballano avvinghiate l'una all'altra.

- Dobbiamo andare a casa.

- No, no, lasciatemi qui! Tornerò dopo.

- Ma come fai senza macchina?

- Non lo so, troverò un passaggio, tranquillo, tornerò.

- Ma la mamma mi ammazza se torno senza di te.

- Dille... Dille... Che tornerò, che mi fermo a dormire da qualcuno. Non lo so, inventati qualcosa.

Io e L. siamo allibiti, è la prima volta che lo vediamo comportarsi così. Solitamente è un ragazzo così posato.
Mentre ci giriamo per andare, con la coda dell'occhio scorgo le due ragazze vicine a lui abbracciarlo, ballando sensualmente e poi baciarsi tra di loro.


E bravo Junior! Anch'io sarei tornata a casa a piedi pur di poter restare lì ancora un po', se fossi stata al posto tuo ;)

giovedì 8 luglio 2010

Complicazioni

- Sei complicata, amore... Però di un complicato molto profondo. - Io scoppio a ridere, lui invece è serissimo.

- Cosa intendi dire?

- Beh, la mia ex era di un complicato illogico: cercare di lasciarmi perché ho messo mi piace su facebook sotto la foto di una ragazza VESTITA, è illogico. Cercare di lasciarmi perché hai paura di farmi del male, è complicato e un po' inutile, ma profondo.

We are family

La famiglia di L. è invero complicata. Innanzitutto, ha una quantità infinita di fratelli. Ok, non proprio infinita, ne ha solo quattro, ma mi sembrano comunque più che sufficienti.
Junior, il più piccolo, è anche il più gradevole. Gli sono molto affezionata e sono abbastanza certa di essere ricambiata. Le serate in discoteca non sarebbero la stessa cosa senza di lui e le sue immancabili figure di merda. E' un ragazzo molto dolce; quando ha saputo che tra una settimana parto per le vacanze e che starò via più di un mese era tristissimo e mi ha detto, sospirando, "ci faremo prendere dalla malinconia mentre non ci sei, me lo sento".
Maxi, al contrario, non solo non è altrettanto carino e coccoloso, ma ha pure il grosso difetto di odiarmi senza motivo. Non credo di avergli mai parlato fuori dal suo posto di lavoro e di certo non da quando io e L. stiamo insieme, perché non ce n'è mai stata occasione, eppure non mi può soffrire. Bah!
Ultra è il fratello gay. Non abita più in paese da molti anni e nessuno sembra ricordarsene. L'unica prova della sua esistenza è Armando, un simpatico cagnolino che va e viene da casa di L. "E' il cane di Julio, l'amico spagnolo di mio figlio", spiega suo madre. "E' il suo ragazzo, mamma, ra-gaz-zo. Puoi dirlo, non si scandalizza", la correggono puntualmente L. e Junior. Lei si limita a mormorare un "ah, si, si".
Non plus ultra, infine, è la sorella più grande, sposata e con due figlie. E' un personaggio di spicco in paese: si era persino candidata al ruolo di sindaco, recentemente (perdendo miseramente, a dirla proprio tutta). E' sempre indaffarata, anche se nessuno ha capito esattamente cosa faccia, a parte passare ore al telefono con la madre a spettagolare (da qualche tempo a questa parte - ahimè - io e L. siamo diventati il loro argomento di conversazione preferito, e forniamo sempre nuovi spunti).
Naturalmente, oltre a questa miriade di fratelli, ci sono i suoi genitori, sui quali non mi soffermo poiché servirebbe un trattato per riuscire a dare solo una vaga idea su che genere di personaggi siano.

Detto ciò, è comprensibile che io non voglia accettare l'invito di L. a partecipare a una delle loro cene di famiglia settimanali?

lunedì 5 luglio 2010

Baustelle

Sono appena rientrata a casa, in mutande e reggiseno, semi-coperta da un asciugamano e con le scarpe fradice, ma in preda alla più totale euforia.
Non credo di essermi mai sentita così viva, o quanto meno non mi succedeva da molto. Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi sono riusciti a trasmettermi ogni genere di emozioni; mi hanno esaltata, divertita, commossa. E proprio quando credevo che ormai avessero dato il meglio di sé, mi hanno completamente spiazzata.
Non credo sia definibile quello che hanno fatto. Mentre dal cielo cadevano le prime gocce di pioggia, loro hanno tirato fuori l'artiglieria pesante, e i fulmini non sono riusciti a farmi desistere dal cantare fino alla fine l'ultima serie di canzoni, mescolate insieme in qualcosa di oltre, di geniale, di insuperabile. Lo so, sto delirando, ma non credo esistano parole per dare l'idea di tutte le sensazioni che loro sono riusciti a trasmettere a me. Mi dispiace, ma mi inchino di fronte alla loro grandezza e ammetto che anche se stessi qui tutta la notte a cercare le parole, non riuscirei mai a trasmettere neanche lontanamente l'idea.
Appena finito il concerto, è venuto giù il diluvio universale. Non avevo mai visto così tanta acqua tutta insieme, eppure non sono nemmeno mai stata così felice di correre sotto la pioggia, mano nella mano con Lui. Mi sono sentita felice, magica, viva.

Baustelle, tornate presto a trovarci in questo Trentino triste e solo, senza di voi!

sabato 3 luglio 2010

Il cocco

27 Febbraio 2010, ore 21.32, Divano

L. e suo fratello seguono con vivo interesse una serie televisiva in onda su Italia1. Durante la pubblicità, Junior (il fratello), domanda incuriosito per quale motivo io e L. facessimo quel gran baccano in cantina durante la notte precedente.
Il mio povero fidanzatino arrossisce, ripercorrendo mentalmente scene di corpi nudi e di tavoli e sedie spazzati via nella passione del momento, ma si riprende con prontezza e risponde che stavamo semplicemente cercando di spaccare una noce di cocco particolarmente tenace.

28 Luglio 2010, ore 13.46, Sala da pranzo

Sediamo al tavolo io, L. e suo fratello Junior, il quale ci prende scherzosamente in giro, dandoci dei conigli e dicendo che potremmo almeno essere più discreti o cercare di inventare scuse più credibili quando ci presentiamo agli appuntamenti in ritardo, coi capelli arruffati e le guance in fiamme. Continuando su questo discorso si enarrano le varie occasioni in cui suo fratello ha capito subito che erano tutte scuse e che le nostre misteriose scomparse non erano certo dettate dal desiderio di giocare a carte in privato.

- La scusa migliore, comunque, rimane quella del cocco! - esclamo io, con sommo entusiasmo.

Junior sbianca. L. si alza dal tavolo urlando un melodrammatico NOOOOOOOOOOOOOO! Completato dalla frase "La scusa reggeva!".

La faccia di Junior è stata impagabile. Credo che se gli avessimo svelato che Babbo Natale non esiste non sarebbe rimasto così scosso.

lunedì 28 giugno 2010

Gelosia

E' dalle 3 che il mio unico pensiero fisso è per favore, lasciatemi dormire. Sono seduta in un angolo per terra, abbracciata a F., il fratello del mio ragazzo, con qualche lattina di birra vuota intorno e una semi-piena in mano, e parliamo con aria assorta e filosofica, come ogni ubriaco degno di questo nome.

- Io non capisco per quale motivo alcune donne siano così possessive. Tu con mio fratello non sei così...
- Caro, io sono gelosissima di L. Strapperei le budella a chiunque si avvicini più del dovuto. Il trucco sta tutto nel non farglielo capire. Non voglio soffocarlo o farlo sentire in gabbia. Lo sa che ci tengo molto a lui, anche senza assillarlo.

Proprio in quel momento l'oggetto della nostra discussione, fermo a chiacchierare con un gruppo di amici, si avvicina pericolosamente a una ragazza. Senza nemmeno rendermene conto scatto in avanti e in un nanosecondo sono già vicina a lui, con assoluta nonchalance, come se passassi di lì per caso. Dopo un po' si alza anche suo fratello, mi passa dietro le spalle e sussurra "Ottima mossa!".

venerdì 25 giugno 2010

La ricerca dell'infelicità

Mi è capitato talvolta di fermarmi a riflettere, rendendomi conto di star cercando di rovinare un rapporto. "E' per paura di soffrire ancora", ripetevo nella mia testa, ma con la consapevolezza che fosse vero solo in parte.
La triste realtà è che io voglio la sofferenza inutile e fine a se stessa, perché ne provo piacere. Quella stretta al cuore associata al pensiero di perdere la persona che amo suscita in me una serie di sensazioni sgradevoli, ma che mi trasmettono un rassicurante senso di familiarità.
Non c'avevo mai fatto troppo caso, perché non volevo pensare di essere pazza (e stupida, diciamocelo) fino a questo punto, ma quando il tuo istinto primario è quello di mettere in pericolo la cosa più bella che ti sia mai capitata, senza un motivo, inizi a porti delle domande.
Mi chiesi da dove sorgesse questo bisogno irrazionale quanto ridicolo, lo stesso che mi fece rovinare il rapporto col mio ex fidanzato e che ora rischia di farmi mandare all'aria anche questo. Passai in rassegna tutte le storie, storielle, non-storie, quasi-storie e via degenerando avute finora, alla ricerca di una chiave di lettura o di un indizio che potesse farmi capire meglio. Rispolverai vecchi diari, sperando di trovare il momento esatto in cui la mia mente ha smesso di cercare la felicità e ha iniziato invece una perversa ricerca dell'infelicità.
E l'ho trovato.

Dopo aver trascorso l'intero pomeriggio a scorrere pagine e pagine di diari che conservo zelantemente nell'armadio senza trovare nulla che potesse essermi d'indizio, all'improvviso, eccolo lì!
Era il 2003. Io ero una giovane 14enne depressa (se fossi stata un'adolescente di oggi sarei sicuramente diventata emo, per fortuna l'ho scampata), lui era un 25enne schizofrenico, nevrotico e malato.
Io lo amavo, intensamente. Lo so che la maggior parte dei lettori penserà che a quell'età non si sa nemmeno cosa sia l'amore, ma non è così. Lo sapevo fin troppo bene, provavo per lui un amore infinito e incondizionato.
Anche lui mi amava... Credo. Era consapevole che fosse inammissibile frequentare una ragazza della mia età e perciò cercava di respingermi. Faceva di tutto per allontanarmi. Mi vomitava addosso tutta la sua rabbia repressa, voleva punirmi per i sentimenti che suscitavo in lui, mi odiava. Ma non riusciva a starmi lontano e si ritrovava a chiamarmi nel cuore della notte per ascoltare la mia voce, per sussurrarmi teneramente che mi amava.
Era un amore malato il nostro, proprio come lui. Mi faceva stare male, ma era anche in grado di darmi una felicità che non avrei mai creduto possibile. Sapevo quello che pensava, quello che provava per me e mi convincevo che tutta la sua rabbia non fosse altro che la frustrazione di un amore proibito. Più lui mi odiava e più cresceva in me la convinzione che non riuscisse a fare a meno di me. Non poteva odiarmi davvero così tanto e continuare a cercarmi.
Ci siamo frequentati in questo modo diabolico per quasi due anni, senza mai andare oltre questa strana forma di amore platonico - se amore lo si può definire -, tranne che per un unico, semplice, fuggevole bacio. Poi un giorno è semplicemente sparito, dicendo che gli avevo rovinato la vita e di non cercarlo mai più.

Sono andata avanti, la mia vita non si è fermata, anche se credevo che sarei morta... Ma una parte di me lo cerca ancora. Una piccola parte di me vuole ancora soffrire. Una microscopica parte di me prova un gusto perverso nel rendere malato un rapporto sano.

mercoledì 23 giugno 2010

Fear

Mi ha preso di nuovo il panico, la sensazione di asfissiare, il bisogno di libertà. Sto bene con lui... Ma la paura di un legame sta avendo la meglio.
Mi sento un'idiota perché sto rovinando tutto con le mie insicurezze, come sempre; è solo che sono terrorizzata. Lui parla di vacanze di Natale, di viaggi lontani da fare insieme, di pranzi di pasqua coi suoi genitori. Fermati! Io non sono pronta per tutto questo. Anche se adesso sono molto più serena, le ferite di un tempo non si sono ancora del tutto rimarginate.
Posso accettare di fidarmi, ma non sono pronta per mettere tutta me stessa nelle mani di qualcun altro facendo progetti e creando dei sogni che con buona probabilità andranno in frantumi. Il passato fa ancora troppo male e non sopporterei di perdere tutto ancora una volta. Mi dispiace perché vorrei poter credere anch'io in questa relazione e buttarmi a occhi chiusi!
Che fine ha fatto tutto il mio coraggio, la mia voglia di rischiare, il mio non fermarsi mai davanti a nulla?

Posso amarti, ma non sono ancora pronta per questo impegno...

venerdì 18 giugno 2010

Déjà vu

- Ho guardato Valèrie, il diario di una ninfomane. Non so bene perché, ma lei mi faceva pensare a te. All'inizio del film, mi ricordava quando ti ho conosciuta. Mi sembravi inafferrabile, una ninfa. Sedevamo al bar ogni sera e, mentre tu parlavi di tutti gli uomini della tua vita, io sognavo che un giorno saresti stata mia.
... Lo so, tu credi che questa storia sia iniziata più o meno per sbaglio, dopo qualche bicchiere di troppo; per me, invece, è stato un vero colpo di fulmine. Ti volevo, sapevo che eri perfetta per me, ma eri così spaventata, sempre pronta a scappare. Ogni volta che cercavo di farti capire quello che provavo nei tuoi confronti, sparivi.

Guardalo, è lì, al solito tavolo del solito bar, come lo siamo stati spesso, negli ultimi mesi, prima come amici, poi come fidanzati. Non è più lo stesso di un tempo, ora sembra più maturo. Sono cambiata anch'io. Sono più rilassata e non ho più paura. Mi fido di Lui.
Sorrido, da dietro il bicchiere. Per un secondo, mi sento di nuovo una piccola principessa, come tanti mesi fa... (Ah, sì, potete capire di cosa sto parlando andando a leggere QUI. Come sembrano lontani, i tempi in cui eravamo nient'altro che amici)

domenica 13 giugno 2010

Impazzire

Ci sono circa 30° all'ombra, nessuno osa uscire di casa allontanandosi anche solo per un istante dall'aria condizionata e dal cielo piovono piccioni arrosti, come nella migliore tradizione dei cartoni animati. Inspiegabilmente, io corro da un lato all'altro del paese, con un enorme scatolone sulle spalle.
Mi fermo in mezzo a un piazzale un po' isolato e, sbuffando, metto giù l'enorme pacco regalo. Controllo velocemente l'area circostante per assicurarmi che non ci siano osservatori indesiderati: sono già abbastanza in imbarazzo, anche senza bisogno di testimoni. Estraggo il cellulare dalla tasca sinistra, invio un ultimo sms, abbasso il volume del telefono e mi chiedo per l'ultima volta se sia proprio necessario. Rassegnata, sistemo la borsa sul fondo della scatola e mi predispongo a entrare a mia volta.
Lo spazio è a dir poco angusto e la temperatura di aggira intorno ai 60°. Sento le gocce di sudore scendere sul collo, sulla fronte, lungo la schiena... Ovunque. Un crampo al piede mi avverte che forse chiudersi in una scatola non è stata una grande idea. Fortunatamente, sento dei passi che si avvicinano nella mia direzione e penso sollevata che Lui stia finalmente per arrivare. Mi predispongo a scattare come una molla fuori dalla scatola urlando un bel "Tanti Auguri"... Ma vengo dissuasa dal suono di voci che non sembrano per niente familiari. Voci femminili, per di più. Voci che, oltretutto, parlano in albanese o qualcosa di analogo e altamente incomprensibile.
Le voci si fermano a poca distanza da me. Chiacchierano ininterrottamente a una velocità tale che sospetto che non sarei stata in grado di capire nemmeno se avessero parlato in italiano. Poco dopo, senza alcun motivo apparente, smettono di parlare la loro lingua e iniziano a parlare in qualcosa che vorrebbe essere italiano. Capisco gran poco del loro discorso, anche se intuisco che stanno sparlando di una donna. Sono perfide a livelli estremi.
Ascoltando i loro livelli non posso fare a meno di lasciarmi andare a una risata compulsiva, che cerco invano di soffocare. Nel frattempo giunge Lui, finalmente, apre la scatola e... Io lo guardo dall'interno, continuando a ridere, non riesco più a fermarmi e non ricordo più quale fosse il piano originario. Dalla panchina le donne domandano incuriosite "E' per te quel regalo? E' enorme! Ma è vivo?". Lui si limita ad arrossire e annuire, imbarazzatissimo, mentre io rotolo, con tanto di scatola.
La prossima volta che decido di rinchiudermi in una scatola, lo farò in dicembre, col freddo forse riesce meglio. E mi scriverò un copione.

mercoledì 9 giugno 2010

Rendersi conto

Ormai è incinta da due mesi, ma credo che finora nessuna delle due se ne fosse capacitata. Lei lo chiamava "il problema" e nella sua mente non era altro che un errore di percorso a cui avrebbe presto messo rimedio; per me invece era una cosa ipotetica, remota e lontana, come quando ti raccontano di episodi incredibili avvenuti a qualche conoscente e pensi che siano cose che non potranno mai capitare a te... O alla tua migliore amica.
Tuttavia, la nostra smania di negare e dimenticare tutta la faccenda, è messa a dura prova, in questo momento: le piccole protuberanze che un tempo occupavano la parte superiore del suo busto, stanno pian piano diventando un seno degno di questo nome; la pancia sempre piatta, adesso si intuisce vagamente arrotondata, anche se nascosta sotto magliette un po' larghe; l'aperitivo serale è seguito da nausee che la costringono a correre in bagno campando scuse di ogni tipo.
Oggi, notando queste cose, mi sono resa conto per la prima volta che è davvero incinta e le domade nella mia testa sono state infinite. Mi chiedevo se sarò davvero in grado di appoggiare la sua scelta di abortire, se la mia coscienza non si ribellerà a metà strada, se lei non avrà dei rimorsi, quanto tempo le ci vorrà per riprendersi, come farà...
E alla fine un unico pensiero, troppo ingombrante per cacciarlo via: quant'è sola?

Non posso abbandonarla.

domenica 30 maggio 2010

...
















"Ti amo", ma è più facile scriverlo che pronunciare quelle parole ad alta voce. Amo la semplicità con cui riesci a rendermi felice: nessun gesto eclatante, non c'è bisogno di dozzine di rose, cuoricini, cioccolatini, cicci-cicci e tutte quelle cose da fidanzatini.
Basti tu.
Mi fai sentire libera, mentre corri con me tra i boschi. Mi fi sentire bene, quando mi sorridi da sopra le pile di libri ancora da studiare. Mi fai sentire speciale, quando prendi le mie mani tra le tue... E le parole non servono.

mercoledì 26 maggio 2010

Say no

Sono sotto pressione, tra esami e genitori arrabbiati che pretendono di vedere risultati che invece non arrivano. Sono stanca, eppure continuo a cercare di far combaciare lo studio coi mille impegni con gli amici e il fidanzato. Non ne posso più!
Il cellulare squilla ogni 2 minuti ed è sempre qualcuno che ha bisogno di un consiglio, di una spalla su cui piangere, di compagnia. Sto esplodendo. Non è che abbia bisogno di nulla, solo di un po' di sano riposo, di staccare un po' la spina, di amici che una volta tanto mi cercano perché sentono la mia mancanza e non perché sono nei guai.
Lui, poveretto, mi guarda con aria desolata e non ha nemmeno cuore di svegliarmi quando mi addormento sul libro, in biblioteca, a metà pomeriggio. Dice che dovrei adottare la filosofia del "me ne sbatto" e una volta tanto anteporre i miei interessi a quelli di tutti gli altri, dire "Mi spiace, so che hai i tuoi problemi, ma anch'io ho altro a cui pensare, in questo momento, ne riparliamo quando sarò un po' meno incasinata".
Forse ha ragione... Ma quella non sono io. E intanto il telefono continua a suonare.

giovedì 20 maggio 2010

Perché?

Sono due ore che fisso il riquadro per scrivere un nuovo post con sguardo vacuo senza sapere bene da dove cominciare, perché ce ne sarebbero di cose da dire. E' incredibile tutto quello che può succedere in una settimana... Anzi, in due giorni, a dirla proprio tutta.
Vediamo un po':

  • Ho preso 100€ di multa. Ma come minchia pensano che possa pagarla? Sono una povera studentessa univestaria, non ho uno stipendio!
  • Ho ricevuto una quasi dichiarazione d'amore da D... Meglio tardi che mai, eh? Mi sembrava oltre al danno la beffa. Ho sperato che potesse nascere qualcosa tra noi per ben 8 mesi. Appena trovo una persona che mi ama e con cui vale veramente la pena di stare, eccolo che si ripresenta, pentito e supplicandomi di permettergli di rientrare nella mia vita. Vada ben a morire ammazzato!
  • Ho scoperto che V., una mia amica nota per le sue ampie vedute, nonché per gli innumerevoli amanti, ha fatto voto di castità. E' una di quelle cose che non penseresti che succedano davvero nella vita reale. E' come dire che il mondo sta iniziando a girare dalla parte sbagliata e forse moriremo sul serio tutti nel 2012.
  • E, infine, la bomba: S., la mia migliore amica, è incinta.
    Sì, incinta. Di tre settimane. Non del suo fidanzato (che per la verità stava per lasciare), ma del suo ex. E intende abortire.
    E qui mi verrebbe da dire una serie di parolacce, ma mi limito a chiudermi in un silenzio perplesso.
Bene, non ho altro da dichiarare. Sono scazzata, sono sotto shock, sono sconvolta, sono preoccupata... Ma che cosa dovrei dire? Cosa dovrei fare? Non so neanche come comportarmi.

mercoledì 12 maggio 2010

domenica 9 maggio 2010

Domenica mattina

Apro gli occhi di soprassalto. Non capisco dove mi trovo, ma so che da qualche parte vicino a me dovrebbe esserci anche Lui. Con la mano inizio a sondare il terreno vicino a me. Dov'è finito?
Mi alzo, cercando di scorgerlo nel buio pesto, ma la testa gira troppo velocemente e sono costretta a sdraiarmi di nuovo. Ma dove sono?
Gira ogni cosa, non riconosco quel posto e, soprattutto, Lui non c'è. Mi giro sul fianco e identifico la macchia sul cuscino accanto alla mia testa come una mucca: dunque sono in camera mia. Con le mani tremanti cerco la lampada sul comodino e la accendo. Oso sedermi di nuovo, ma questa volta lentamente.
Tengo la testa tra le mani, come se stessi cercando di fermarla, ma quella continua a girare. Lo sguardo mi cade sulle mie gambe e mi accorgo con orrore che sono piene di sangue. Dopo averle ispezionate attentamente, mi calmo, sono solo un po' di graffi. La memoria inizia a tornare: io e Lui, le rose... Tutte quelle spine!
Pian piano mi tornano in mente brandelli di incontri avvenuti nel corso della serata. Non posso aver detto a Luca che assomiglia a Paris Hilton! E ho sul serio detto a Nicola che è brutto come l'anno della fame?

Ahia. La testa.

Basta! Io con l'alcol ho chiuso (almeno per un paio di settimane).

venerdì 7 maggio 2010

Frustrazione

Per sentirsi davvero liberi bisogna avere radici

Io detesto questa frase. Detesto che sia vera. Detesto che gli altri pensino che sia vera.
Mio padre è un sognatore... Ma non ha ancora ben chiaro cosa sogna, per cui da quando ho uso di ragione io e la mia famiglia vagabondiamo per il mondo da un paese all'altro.
E' stata dura, soprattutto da piccola, eppure è un'esperienza che rifarei senz'altro. Ho avuto modo di vivere diverse lingue, culture, modi di pensare (perché non bastano due settimane di vacanze all'estero per capire la mentalità e lo spirito di un popolo - forse non basta neanche tutta la vita). Ho imparato a non giudicare, a non fermarmi alle aparenze, a cercare di adattarmi al posto in cui mi trovo senza perdere me stessa. E adesso ho trovato casa mia: ho scelto io di vivere in Italia, perché è il paese che amo, dopo aver visto mezzo mondo.

... Ma non appartengo a questo posto, e detesto che ci sia qualcuno sempre pronto a farmelo notare. Detesto sentire i miei parenti e connazionali che mi dicono che ormai non appartengo più alla ma terra d'origine. Detesto che ovunque io vada, per quanto mi sforzi di integrarmi, non appartengo. E' frustrante.

Parliamo tanto di globalizzazione, siamo tutti "cittadini del mondo". E poi? Nonostante tutti questi bei discorsi, la verità è che quella frase è vera, che bisogna avere radici, essere parte di un luogo, altrimenti non potrai mai esprimere tutto te stesso.

Animum debes mutare, non caelum (Seneca)

mercoledì 5 maggio 2010

Sfiga

Come ogni Lunedì sera, mi piazzo davanti alla tv con tanto di coperta, the caldo (visto che sembra essere ritornato l'inverno) e Lie to me in prima visione. Il weekend è stato a dir poco impegnativo, per cui ero proprio felice di starmene a casa senza fare nulla... E anche se avessi voluto non avrei potuto fare altro, dato che i miei genitori erano del parere che fossi uscita abbastanza.

Lui, invece, non era d'accordo, il maledetto. E ha vinto lui. Con conseguente uscita di nascosto.
Ora, io inizio a credere che tutto il resto della serata sia stata una punizione divina per essere uscita di nascosto quando invece avrei dovuto essere nel letto (mio, non suo):

Usciamo di casa con l'intenzione di goderci una semplice passeggiatina notturna di non più di mezz'ora. Com'era ovvio, dopo 10 minuti, e senza alcun preavviso, è iniziato il diluvio universale. Inutile aggiungere che eravamo lontanissimi da qualsiasi posto asciutto, senza un ombrello e che indossavo le mie ballerine preferite, che dopo 2 minuti erano diventate uno straccio non meglio identificato, assolutamente da buttare.
Valuto velocemente che non possiamo recarci a casa mia per ovvi motivi, per cui iniziamo a correre verso casa sua. Davanti al portone di casa sua troviamo la macchina di suo fratello, quello che mi odia. Sono troppo in imbarazzo e lo supplico di non farmi subire una scena imbarazzante, non con quei capelli e le scarpe bagnate (lo so, sono vanitosa, ma se devo affrontare qualcuno che mi odia preferisco farlo quando non sembro proprio una barbona). Lui entra per recuperare un ombrello, per quanto ormai non serva a molto, ed esce di nuovo.
Ci avviamo verso la sua macchina, senza sapere bene cosa fare. E' mezzanotte passata di un lunedì sera e nella nostra zona cercare di trovare un locale aperto è come sperare di trovare un uomo etero, affascinante e multimiliardario. Io sarei pure del parere di tornare a casa, ma lui invece parcheggia la macchina nel nostro posto segreto, dicendomi che gli sono mancata a vorrebbe passare un po' di tempo con me. Le seguenti due ore sono confuse. Penserete "sesso a oltranza" e io vi rispondo: Magari!
No, ci siamo addormentati. Ma si può?
A un tratto mi sveglio, noto con orrore che sono quasi le 3 di notte e gli ordino di riportarmi immediatamente a casa. E... E... E... Ho dimenticato le chiavi! Non è possibile. Immagino tutta una lunga serie di scuse per spiegare ai miei genitori per quale motivo mi trovi chiusa fuori casa nel cuore della notte, quando invece dovrei essere a letto già da un pezzo; lui invece mi dice di stare tranquilla. "Basta scassinare la porta. Hai una forcina?". Credo che la mia faccia in quel momento sarebbe stata da fotografare.
Dopo una discussione infinita, acconsento a fargli tentare di aprire la porta. "Un tempo lo facevo per hobby - mi racconta -, facevamo delle gare con mio fratello a chi apriva prima porte e lucchetti". Io sono sempre più allibita.
Studia la serratura, analizza il problema, valuta tutte le possibilità e infine dichiara che dovremmo passare da casa sua per recuperare l'attrezzatura necessaria. Da allora in poi è tutto un continuo via vai in macchina tra casa mia e casa sua per recuperare utensili vari.
Nel frattempo, la vicina della casa di fronte si accorge di rumori e movimenti sospetti e suppongo stesse per chiamare i carabinieri, finché non mi riconosce, mi guarda infastidita e se ne torna a letto. Allora insisto col mio fidanzato perché lasci stare, dato che è evidente che non ce la faremo mai ad aprire la porta. Lui se ne viene fuori dicendo che potremmo provare a entrare dal balcone sul retro. Ma il tentativo fallisce miseramente.
Disperata, valutando che ormai sono le 4 e che sta per ricominciare il diluvio universale, acconsento ad andare a dormire da lui, ma con la clausola che ci dovremmo svegliare entro le 5.30, ora in cui il mio vicino di casa va al lavoro, per potergli chiedere di lasciare la porta aperta e riuscire a rientrare prima che si sveglino i miei.
Per non disturbare sua madre ci accomodiamo in cantina e decidiamo che rimanere svegli sia la cosa migliore, dato che la scarica di adrenalina per tutte le peripezie precedenti ha fatto passare il sonno ad entrambi.
Alle 5.25 ci apprestiamo a uscire, convinti del nostro piano, ma rumori sospetti al piano di sopra ci inducono a rimanere fermi dove siamo. Suo padre si è appena svegliato per andare al lavoro e Lui mi prega di rimanere lì finché non se ne sia andato, per evitare altri guai.
Cerchiamo di stare immobili, abbracciati sopra un puff, perché basta un minimo movimento per farci scoprire, dato che di sopra si sente ogni cosa e tutto in quella stanza sembra progettato per fare rumore.

La luce del sole negli occhi mi sveglia di soprassalto e non è difficile intuire che le 6 di mattina, limite massimo per rientrare a casa, siano passate da un po'. Bene!
Sua madre telefona, incazzata come una pantera, dicendo di averci visti andare in giro come due vagabondi per tutta la notte e accusandoci di spacciare droga.
Mia madre telefona, spaventata a morte, chiedendomi quando sono uscita perché non mi ha sentita. Dichiaro di essermi alzata presto per andare a lezione e la sento mentre urla contro il babbo che riteneva invece che non fossi uscita, facendole prendere un colpo. Mi sento un po' in colpa ma tiro un sospiro di sollievo, che dura gran poco perché subito dopo la mamma mi dice che in tal caso mi aspetta nel tardo pomeriggio, come ogni martedì.

La situazione degenera e dopo aver litigato con lui, esco, pensando di prendere il treno per recarmi in facoltà, ma mi sfugge sotto il naso e il prossimo passa da lì a tre ore. Sono senza un soldo e ricomincia a piovere.
Lui mi telefona per scusarsi e mi chiede di tornare da lui. Io lo raggiungono, ma mentre architettiamo il da farsi veniamo raggiunti da sua madre che, dopo che lui le ha spiegato la situazione è leggermente più tranquilla, ma ci chiede di fare una lunga serie di commissioni.
Nessun problema... Se non per il fatto che richiedono tutte di spostarci all'interno del paese, per cui le probabilità di incontrare i miei genitori sono altissime.
Per fortuna non li abbiamo incontrati, ma credo di aver avuto 50 infarti e adesso mi ritrovo distrutta e con la febbre.

E' l'ultima volta che do retta a quel piccolo criminale, quando invece dovrei semplicemente stare ferma e fare la brava.

sabato 1 maggio 2010

100!

Ok, lo so, non è che sia un gran traguardo, ma mi emozionava l'idea di aver scritto ben 100 post. Vediamo un po', posso dire che 99 post fa ero:
  • Terribilmente arrabbiata col mondo, il fato e gli eventi.
  • Delusa, dopo essere stata scaricata vilmente dal mio fidanzato, da un giorno all'altro e senza capire bene perché.
  • Incasinatissima, con la bellezza di 6 amanti, un non-fidanzato che si divertiva a chiamarmi alle 3 di notte, un lavoro adorabile in un museo di arte moderna che mi consentiva di passare 6 ore al giorno su Facebook e di conoscere un sacco di gente stravagante... E con una conseguente cotta per il capo (gay).
  • Chiaramente malata. Ero ossessionata dal cibo, masochista e con qualche preoccupante tendenza all'autolesionismo.
Ora, dopo aver seguito il consiglio del mio insegnante di italiano delle superiori - l'uomo più in gamba che conosca - ed essermi data alla blog-terapia, posso dire che:

  • Ho capito che il mio ex fidanzato mi faceva più male che bene, dato che prendeva ogni decisione al posto mio, da come vestirmi alla facoltà universitaria, col risultato che quando mi ha lasciata sono andata completamente allo sbaraglio in preda al panico, chiedendomi che cosa volevo dalla mia vita.
  •  Sono giunta alla conclusione che puoi avere tutti gli amanti che vuoi, ma rimani comunque sola; che odio i rapporti non definiti, perché "fidanzato" sarà anche solo una parola, ma è in grado di dare delle piccole certezze fondamentali; e che le cotte per gli uomini palesemente gay e adorabili sono inutili ma divertenti.
  • Mi sono resa conto che il mio migliore amico forse era qualcosa di più di un semplice migliore amico e, infatti, da due mesi a questa parte è noto ai più come il mio fidanzato... E sto benissssimo.
  • Sono felice. Con tutti i miei alti e bassi, le mie paranoie, le crisi per l'università... Sono felice.
Lunedì andrò a trovare il mio ex professore. Avevo promesso di fargli sapere se la scrittura-terapia alla Zeno funzionava. Credo che sarà entusiasta dei risultati!

mercoledì 28 aprile 2010

Disintossicazione

All'inizio era divertente e mi rilassava. Mi mettevo di fronte al pc e facevo scoppiare le bolle. Pop! Pop! Pop! Livello finito.

Andando avanti ha iniziato a diventare una sfida. I livelli diventavano difficili, c'erano sempre più bolle... Tantissssime bolle. Pop! Pop! Pop!

Ero presa via malissimo, ma non avevo capito di avere un problema finché non mi sono ritrovata a pregare i miei amici di giocare per farmi sbloccare un livello.

Non riesco a smettere. Devo finirlo, ma devo avere 25 amici che giocano e me ne mancano 3. Argh! Qualcuno faccia qualcosa. IO DEVO VINCERE.

Ah, se vi state chiedendo di che diamine sto parlando, mi riferisco a Bubble Island, naturalmente, che trovate su Facebook.

Pop! Pop! Pop! Pop! Pop! Pop! Pop! Pop! Pop! Pop! Pop! Pop!

martedì 27 aprile 2010

1 - 0

- Mio fratello ti odia. - Non è la prima volta che me lo dice e onestamente inizio a essere piuttosto seccata.

- Tuo fratello non ha mai parlato con me. Non me l'hai mai neanche presentato.

- I miei amici dicono che non mi meriti. - Uno... Due... Tre... Come si fa a non spaccargli la testa? So a malapena i nomi, dei suoi benedetti amici.

- I miei amici dicono che sei troppo bambino per me. - E va bene, lo so, è una ripicca infantile, ma non ho saputo resistere. La conversazione sta degenerando nel paradossale.

- La cugina di secondo grado dello zio della bisnonna pensa che hai i capelli che non si intonano con i miei e che quindi dovremmo lasciarci. - Ok, lo confesso, non ha detto proprio questo, ma era una cazzata di dimensioni analoghe.

- Io dico che ti voglio bene, e che dovresti smetterla di ascoltare quello che dice tutta quella gente che di me non sa assolutamente niente. Vuoi stare con me? Sei felice? Allora dov'è il problema?

lunedì 26 aprile 2010

Di amori finiti

Finale 1 - Ti lascio

Erano almeno un paio di mesi che le cose non funzionavano tra di loro. Periodi di pausa, psicanalisi reciproca e infiniti tentativi di cambiare da parte di entrambi non erano serviti a nulla. Una sera, dopo una lite particolarmente accesa, lui aveva preso coraggio e aveva fatto la mossa decisiva, mettendo la parola fine sul loro rapporto.
Dopo la rottura lei era emotivamente distrutta, non riusciva a capacitarsene. Per lui, invece, sembrava essere andato tutto liscio; si era rituffato subito in un oceano di amanti, non sembrava pentito. Perché allora un anno dopo, capitati per caso alla stessa festa, non riesce a toglierle gli occhi di dosso? Mi prende in disparte e con aria distrutta mi confessa di essersi amaramente pentito della propria scelta, che non avrebbe mai dovuto lasciarla.
Con un bicchiere di birra in mano, la osserva mentre si scatena in mezzo alla pista. Sospira. Ormai è troppo tardi.

Finale 2 - La scaricata

Tra loro va tutto bene, a parte qualche piccola sporadica incomprensione che capita anche ai migliori, no? Perciò quando lui le confessa di essere stanco del loro rapporto e di avere bisogno di riprendersi la sua libertà, per lei è come un fulmine a ciel sereno. Rimane spiazzata. Prova tutto il repertorio "Cambierò. Lo prometto. Potevi dirmelo. Possiamo superare questa cosa. Forse abbiamo solo bisogno di un periodo di pausa. Non farlo. Io ti amo. Non puoi. Non me lo merito". Ma è tutto inutile, lui è deciso e non torna sui propri passi.
Arriva alla festa accompagnata dai soliti amici e di certo non si aspetta di incontrarlo, poiché sono mesi che non lo vede. Ha già superato quella storia, ma basta uno sguardo e la ferita riprende a sanguinare. La ritroviamo a fine serata, con un bicchiere di vodka in mano, intenta a interrogare un povero disgraziato sul perché lui l'abbia lasciata così improvvisamente. Il ragazzo in questione, non sapendo bene cosa rispondere, decide di limitarsi a baciarla. Lei risponde con passione, immaginando che si tratti del suo amato, apre gli occhi, si accorge dell'errore, e scoppia in lacrime. Corre via, travolgendo lungo la strada proprio l'oggetto dei suoi pensieri, senza rendersene nemmeno conto.

Finale 3 - Il non-finale

Il loro non è mai stato un rapporto vero. Tecnicamente non si può nemmeno dire che siano mai stati insieme. Nessun impegno, nessun dramma, era questa la loro idea. A un certo punto avevano semplicemente smesso di sentirsi, quando la relazione iniziava a sfuggire loro di mano, ma questo non era un impedimento per riprendere da dove avevano lasciato ogni qualvolta capitasse loro di riincontrarsi, per poi mettere nuovamente fine alla loro non-storia, senza un preciso motivo.
Si vedono e, tra una canzone di Lady Gaga e un mojito, si riaccende di nuovo la passione. Baci infuocati, carezze, sesso sfrenato sui sedili posteriori di una macchina.
Il giorno successivo, tuttavia, arriva la doccia fredda: "Mi dispiace, ma non possiamo continuare così. Quello che è successo ieri, non accadrà più."
... E la rabbia di essere stata lasciata da uno che tecnicamente non ne aveva alcun diritto prende il sopravvento, per poi lasciar spazio alla semplice tristezza.

sabato 24 aprile 2010

Sono umana

«Io disseziono ogni piccola cosa e a volte mi espongo troppo, ma almeno ho dei sentimenti. Tu credi di essere forte perché le donne per te sono intercambiabili; tu sicuramente non soffrirai, non ti renderai ridicolo, ma così non t'innamorerai mai. Tu non sei forte: tu sei solo, Alex. Io farò una serie infinita di cazzate, ma so di essere più vicina all'amore di quanto non lo sia tu. Preferisco essere così che essere come te.» (Gigi - La verità è che non gli piaci abbastanza)

Ho guardato questo film, oggi, e vedendo questa scena mi sono sentita un po' identificata. Mi sono tornate in mente le infinite volte che mi è capitato di guardare D. negli occhi e di sentirgli dire che lui non si innamora più, perché ha già dato e sofferto troppo, che adesso anche se volesse non è più in grado di amare nessuna. Con fare paterno, come se i 6 anni di distanza che ci separano fossero un'invalicabile barriera generazionale, mi diceva che dovevo imparare a chiudere il mio cuore anch'io, perché c'è sempre qualcuno - come lui, aggiungerei io - pronto ad approfittarsene.

Non lo farò. E' vero: io soffro di più, mi illudo, mi faccio male, vengo costantemente delusa... Ma almeno io so cosa vuol dire amare; almeno io mi sveglio la mattina e sorrido pensando a Lui; almeno io quando sono triste sogno di poter riposare tra le braccia di qualcuno che mi ami; almeno io quando sono sola mi illudo che non sarà così per sempre.

Io soffro di più, ma almeno so di essere viva. E poi... Non è detto che vada sempre così male, a volte le cose vanno bene e basta, ma non puoi saperlo finché non rischi

giovedì 22 aprile 2010

BOOM!

Come può dire che gliene frega qualcosa se poi si arrende alla pima difficoltà? Ma vi pare un ragionamento sensato? Il problema è che in un rapporto di coppia dovrebbe esserci una sorta di equilibrio. Non può esserci uno che dà tutto, mentre l'altro se ne sta con le braccia incrociate ad aspettare che per qualche miracolo della natura si risolvano tutti i problemi.

lunedì 19 aprile 2010

Gentleman

Ore 12.45, Mensa Universitaria

Varcata la soglia della mensa ci rendiamo subito conto che non ce la faremo mai a pranzare in tempo, dato che la coda si estende per chilometri e chilometri davanti a noi e tra mezz'ora dovremmo essere di nuovo a lezione. Vicinissimi ormai alla sacra fonte di cibo ci sono i nostri amici, che ci fanno segno di raggiungerli, scavalcando la fila. A fianco a me, lui scuote la testa e rifiuta l'invito; mi trattiene per un gomito mentre io mi sto già avviando, felice di risparmiarmi 20 minuti di coda. "No, non sarebbe giusto", mi dice. Mi metto in fondo alla fila, sbuffando e notando con sommo sconforto come uno appena arrivato abbia sorpassato tutti senza il minimo ritegno.

Ore 17.28, Stazione dei Treni

Corriamo verso la stazione investendo pedoni e rischiando di finire sotto un autobus nella fretta di arrivare. Il nostro treno parte da lì a 4 minuti. Mi precipito subito verso i binari, il nostro treno è appena stato annunciato.

- Il biglietto! - urla lui.

- Non c'è più tempo - gli rispondo di rimando.

- Allora tu vai, io prendo il treno dopo. - E si mette pazientemente in fila per spendere 3€ in un biglietto del treno che nessuno si prenderà la briga di controllare, ben sapendo che ciò implica arrivare a casa un'ora dopo.

Butto lì un paio di imprecazioni e, sentendomi in colpa, seguo il suo esempio. Ecco, ora mi toccherà perdere un meraviglioso nuovo episodio di Medium.

Ore 23.20, Panchina del Parco

Lo guardo negli occhi e lo abbraccio, cercando di consolarlo, anche se so che è tutto inutile.

- Mi dispiace, caro... - Lui si limita a sospirare spazientito. E resta in silenzio a guardare le stelle sopra di noi.

- E' incredibile! Voi donne vi lamentate sempre che non ci sono più i gentiluomini di una volta e poi? Certo che non ci sono più i gentiluomini di una volta! Io vengo costantemente fregato da chi vuole fare il furbo, da chi non si fa problemi a scavalcare la fila, da quelli che non hanno problemi di coscienza o che non pensano che i propri principi vadano applicati sempre e comunque, ma solo quando fa comodo. Cerco di essere sempre corretto, di fare sempre quello che ritengo giusto, e nessuno pensa che questo faccia di me una brava persona, o una persona più in gamba. Mi prendono per fesso, lo scemo di turno, ecco cosa sono. E adesso questa... Era da così tanto che la corteggiavo. Lo so, avrei dovuto prenderla e cacciarle 20 metri di lingua in bocca mentre era ubriaca, come avrebbe fatto chiunque altro. Ma non ne sono capace. Volevo che capisse che il mio interesse per lei è profondo e sincero, che di lei mi piace tutto. E lei l'aveva capito, mi aveva anche detto che ricambiava e che era felice che procedessimo con calma, prendendoci il tempo per conoscerci prima... E adesso, dopo due mesi, mi viene a dire che sta insieme a uno che ha conosciuto in discoteca che, indovina un po', non si è fatto tanti scrupoli a baciarla senza nemmeno sapere il suo nome! Alla fine sono sempre loro che vincono: i Furbi. Vi chiedete perché non ci siano più gentiluomini? Ve lo dico io: perché non ci guadagni niente, a parte un sacco di fregature!

venerdì 16 aprile 2010

Riflessioni inutili

La mia più grande debolezza - e di quasi tutti, penso - è quella di aver bisogno di essere amata.
Di solito non me ne rendo conto; anzi, a dire la verità, sono sempre stata una single convinta ed entusiasta, per cui l'idea di avere una dipendenza dall'amore altrui non mi aveva nemmeno sfiorata.
Me ne sono accorta quando ho iniziato a chiedermi perché D. mi facesse stare così bene. In fondo è un coglione patentato - scusate la raffinatezza, ma quando va detto, va detto - e ne ero pienamente consapevole sin dall'inizio. Di per sé non aveva nulla da offrirmi, in cambio di tutto ciò che io gli davo... A parte l'illusione di avere qualcuno che tenesse a me, che mi volesse bene, che potesse prendersi cura di me.
Ne avevo così disperatamente bisogno che avrei fatto qualsiasi cosa pur di stargli vicina, persino rinunciare alla mia povera dignità, che ne è uscita piena di ammaccature.
Ora, constatato che questa è una realtà più o meno universale, e che è nella natura umana ricercare l'Amore e la Felicità, qualcuno mi spieghi perché ci devono sempre essere i maledetti stronzi che se ne approfittano! Cavoli, che fine ha fatto la solidarietà verso i propri simili?
Perché è inutile, là fuori c'è sempre qualcuno pronto a fare leva sui nostri sentimenti, sul nostro bisogno di affetto per trarne vantaggio. Ci sono i disgraziati che puntano su questo per portarti a letto, quelli che vogliono una domestica gratis e la ottengono grazie a paroline dolci e regalini, quelli che semplicemente sono troppo pigri per andare a caccia di amanti e fidanzate, per cui si accontentano della prima che passa di lì per caso, per soddisfare il loro bisogno di attenzioni e di sesso.
Comunque, i peggiori, i più bastardi in assoluto, sono quelli sentimentalmente sterili. Antiche leggende narrano che un tempo avessero un cuore, ma che dopo aver dato tanto, ricevendo solo delusioni in cambio, siano diventati mostri senz'anima. Da allora girano per il mondo nutrendosi dei cuori altrui. Sono sempre pronti ad ammaliarti, affascinarti, confonderti. Hanno amato più di tutti, e perciò sanno esattamente come farti perdere la testa e quando ormai sei completamente nelle loro mani, senza via di scampo, svaniscono nel nulla.
State in guardia, perché di persone così ce ne sono fin troppe.
Related Posts with Thumbnails