venerdì 25 giugno 2010

La ricerca dell'infelicità

Mi è capitato talvolta di fermarmi a riflettere, rendendomi conto di star cercando di rovinare un rapporto. "E' per paura di soffrire ancora", ripetevo nella mia testa, ma con la consapevolezza che fosse vero solo in parte.
La triste realtà è che io voglio la sofferenza inutile e fine a se stessa, perché ne provo piacere. Quella stretta al cuore associata al pensiero di perdere la persona che amo suscita in me una serie di sensazioni sgradevoli, ma che mi trasmettono un rassicurante senso di familiarità.
Non c'avevo mai fatto troppo caso, perché non volevo pensare di essere pazza (e stupida, diciamocelo) fino a questo punto, ma quando il tuo istinto primario è quello di mettere in pericolo la cosa più bella che ti sia mai capitata, senza un motivo, inizi a porti delle domande.
Mi chiesi da dove sorgesse questo bisogno irrazionale quanto ridicolo, lo stesso che mi fece rovinare il rapporto col mio ex fidanzato e che ora rischia di farmi mandare all'aria anche questo. Passai in rassegna tutte le storie, storielle, non-storie, quasi-storie e via degenerando avute finora, alla ricerca di una chiave di lettura o di un indizio che potesse farmi capire meglio. Rispolverai vecchi diari, sperando di trovare il momento esatto in cui la mia mente ha smesso di cercare la felicità e ha iniziato invece una perversa ricerca dell'infelicità.
E l'ho trovato.

Dopo aver trascorso l'intero pomeriggio a scorrere pagine e pagine di diari che conservo zelantemente nell'armadio senza trovare nulla che potesse essermi d'indizio, all'improvviso, eccolo lì!
Era il 2003. Io ero una giovane 14enne depressa (se fossi stata un'adolescente di oggi sarei sicuramente diventata emo, per fortuna l'ho scampata), lui era un 25enne schizofrenico, nevrotico e malato.
Io lo amavo, intensamente. Lo so che la maggior parte dei lettori penserà che a quell'età non si sa nemmeno cosa sia l'amore, ma non è così. Lo sapevo fin troppo bene, provavo per lui un amore infinito e incondizionato.
Anche lui mi amava... Credo. Era consapevole che fosse inammissibile frequentare una ragazza della mia età e perciò cercava di respingermi. Faceva di tutto per allontanarmi. Mi vomitava addosso tutta la sua rabbia repressa, voleva punirmi per i sentimenti che suscitavo in lui, mi odiava. Ma non riusciva a starmi lontano e si ritrovava a chiamarmi nel cuore della notte per ascoltare la mia voce, per sussurrarmi teneramente che mi amava.
Era un amore malato il nostro, proprio come lui. Mi faceva stare male, ma era anche in grado di darmi una felicità che non avrei mai creduto possibile. Sapevo quello che pensava, quello che provava per me e mi convincevo che tutta la sua rabbia non fosse altro che la frustrazione di un amore proibito. Più lui mi odiava e più cresceva in me la convinzione che non riuscisse a fare a meno di me. Non poteva odiarmi davvero così tanto e continuare a cercarmi.
Ci siamo frequentati in questo modo diabolico per quasi due anni, senza mai andare oltre questa strana forma di amore platonico - se amore lo si può definire -, tranne che per un unico, semplice, fuggevole bacio. Poi un giorno è semplicemente sparito, dicendo che gli avevo rovinato la vita e di non cercarlo mai più.

Sono andata avanti, la mia vita non si è fermata, anche se credevo che sarei morta... Ma una parte di me lo cerca ancora. Una piccola parte di me vuole ancora soffrire. Una microscopica parte di me prova un gusto perverso nel rendere malato un rapporto sano.

3 commenti:

  1. Una piccola parte di te, ma forse è sempre più piccola se stai cercando di risolvere il tuo istinto, e io te lo auguro.

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  2. Uno psichiatra ti direbbe che l'ammettere di avere un problema è il primo passo per risolverlo.
    Personalmente mi piace pensare che se ti rendi conto che se stai cercando di allontanarti vuol dire che anche se le cose vanno bene, "a pelle" senti che qualcosa non va. Ma io non ho mai amato follemente nessuno, quindi non so come funzionano davvero queste cose.
    :)

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  3. @Ormoled: grazie, me lo auguro anch'io ^^

    @Paul: Non saprei! Ho provato a chiedermi se ci fosse qualcosa che non va, qualcosa che forse non è più come prima, ma non riesco a trovarlo. Forse è solo lo stress da periodo di esami. Vedremo come si evolve la faccenda.

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